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La fabbrica dei candidati QUANDO LA CROCE BENEDIVA LA SPADA Lista unica: e i movimenti? Senza parole Caro Nanni.... Apparire anziché essere - Dialoghi metafisici di due extraterrestri -
Manuela 27 novembre 2003
Poi ci sono i "luoghi" altri, quelli più veri, della politica. Laddove si decidono i candidati, e si decidono le logiche con cui si decideranno i candidati; laddove si dividono gli ambiti di influenza, in un'eterna e localissima Yalta, e si usano finissime misure e bilance e bilancini, come in un'antica farmacia. Lì gli alchimisti delle candidature elaborano ed elucubrano, e qualche volta il prodotto funziona, e qualche volta - malcapitati apprendisti stregoni - gli si rivolta contro. Ma sempre là, in quei "luoghi", ad elaborare e ad elucubrare, ritornano.
Il prodotto che esce da quei "luoghi" - che noi semplici cittadini possiamo immaginare, ma mai davvero conoscere, non si parli poi di frequentare - è il "candidato", e ci viene presentato come "la miglior scelta possibile"; e dell'uomo (meno spesso della donna) non si potrà, da allora in poi, dir nihil nisi bonum, come dei morti. E, fatalmente, molto spesso è proprio così: bravi ragazzi, in genere, con un pedigree di lusso - chi ha percorso diligentemente tutte le scale della politica, chi invece può esibire referenze della società civile, un "prestato" alla politica, prestito che spesso non viene più restituito.
Fino a poco tempo fa, era finita qui. A noi elettori restava da applaudire e da votare. Una volta designato, il candidato non si discute, ça va sans dire…
Da un po' di tempo, invece, c'è un certo mormorio fra le folle degli elettori. Niente di che, ma una specie di insoddisfazione, di prurito, come se poi quei candidati non fossero sempre e ineluttabilmente "la scelta migliore possibile", non fossero sempre poi così bravi, così specchiati, così indiscutibili. E come se si fosse aperta una crepa, qualcuno già incominciava a pensare di discuterli, eccome, quei candidati, anzi, estrema temerarietà, di SCEGLIERLI!
Ma, prima che il ruscello diventasse un fiume, nei "luoghi" della politica si corre ai ripari. Si inventano regolamenti, e strani, bizantini marchingegni per dare al candidato l'attestato che ancora gli mancava: l'esser frutto di una "scelta democratica". Intendiamoci, non è mica vero. Però sembra.
Così, a Modena, una consultazione di 500 elettori ci dirà il nome, già deciso in quei soliti "luoghi", del prossimo sindaco, scelto, si fa per dire, fra due (anzi tre, un coniglio è comparso dal cappello) nomi. Con grande fair play peraltro, tutto un "prego, prima lei", "no, no, passi pure", chè le "designazioni democratiche" le si fanno con signorilità, nel vecchio Ducato.
A Torino va invece in scena una commedia meno edificante, ma molto più divertente, a suon di malcelati insulti, perfidie bottegaie e velenose maldicenze fra la "candidata" e il "giubilato". Per forza, le danze le ha aperte Violante, che quanto a sbagliare il tempo, non ha niente da imparare.
Così, a noi elettori, che abbiamo perso la fede nell'infallibilità di chi sceglie "i migliori candidati"; trascinati in questi giri di valzer di finte consultazioni e pseudocandidati, come se, nel giro vorticoso delle danze potessimo scordarci che chi decide non siamo noi ma "qualcuno", "altrove"… che ci resta? Il dubbio che la politica non sappia, non possa, non voglia rinnovarsi. E di qui a chiedersi chi ci obbliga a votarli quei candidati, scelti da "qualcuno", "altrove", e non da noi, il passo è molto, molto breve.
Montepino 20 novembre 2003
Vorrei rammentare qui una interessante Rassegna di immaginette militari a Ravenna, e della quale trovo notizia anche tra le pagine interne di un quotidiano cattolico.
Fino alla campagna di Libia nel 1911 era vietata la distribuzione di materiale cattolico nelle caserme. E dopo Caporetto la censura sequestrò i Sacri Cuori "pacifisti". Col fascismo ecco le preghiere per il re, dopo l'8 settembre i compianti sui caduti.. e via via...
Il Sacro Cuore in prima linea indica ai soldati il nemico da combattere.
La madonna copre il carr'armato col suo manto azzurro. Sant'Antonio benedice i reggimenti in marcia verso il fronte... Sono tutti santini in grigio-verde della rasegna. E non saprei quanto pregiudizio o luogo comune ci sia nel vedere la croce benedire la spada.
Sta di fatto che con il fascismo e la sua declamata "cattolicità" post-concordataria, si ha il caso di cartoncini della "Madonna del Manganello" distribuiti alle camicie nere, o di santini francescani con le parole del duce.
Oggi, non sappiamo se e quanti nostri soldati in Afghanistan e in iraq, in missione di pace, avranno in tasca dei santini di "protezione", sappiamo però che sono armati di tutto punto senza un nemico davanti. E' sufficientemente disarmante questa "missione"? O per qualcuno da qualche parte sarà sempre una provocazione?
P>Tirando la corda.
Massimo 17 novembre 2003
Enzo 13 novembre 2003
Enzo 6 novembre 2003
Manuela 5 novembre 2003
Finalmente, mi sono detta, la società civile - per bocca di uno dei suoi rappresentanti più autorevoli - ritorna a dire la sua, dopo un periodo di afasia.
La tua lettera, però, non ha fugato tutti i dubbi e le perplessità che mi tiro dietro - per mia inadeguatezza, suppongo, a capire volti e risvolti della politica. Così mi son decisa a scriverti, sperando di trovar risposta ad almeno alcune di queste domande.
Tu dici - e a ragione - che la lista che si sta profilando per le elezioni europee non è quella proposta da Prodi, ma un succedaneo; e che i partiti del centrosinistra hanno rinunciato all'iniziale progetto unitario.
Tutto questo è vero; ma mi chiedo in quale modo costruire un progetto unitario di fronte alla sirene proporzionaliste che affascinano senza scampo alcuni partiti? Certo, il progetto unitario va costruito; ma come si può discutere di un programma se non sappiamo chi sono i soggetti chiamati a discuterne; e come si può sapere chi sono i soggetti chiamati a discuterne se in partenza alcuni di questi rifiutano di sentir parlare di un'ipotesi unitaria? Certo che è un bel dilemma. Non voglio certo prendere le parti di chi esclude a priori. Ma mi chiedo se non sarebbe allora più produttivo, invece che prefigurare da subito gli scenari di arrivo, riprendere quel processo Costituente dell'Ulivo che coinvolga i partiti, ma anche eletti ed elettori, e che, in tempi certi, dia regole e contenuti ad un nuovo soggetto politico? Mettendo in conto che, alla fine del percorso, quelli che "ci stanno" potrebbero non essere tutti i partiti del centrosinistra?
D'altra parte, tu citi un nucleo di temi su cui dovrebbe incentrarsi il futuro programma: legalità internazionale, pace, difesa dello stato sociale, tutela dell'ambiente, difesa del pluralismo dell'informazione.
Purtroppo, la storia recente ci dice che il centrosinistra si è diviso su ognuno di questi temi (tranne sull'ultimo, mi pare), e in più di una frazione. Un appello all'unità, su temi tanto generici, ha lo stesso valore delle migliaia (milioni?) di moralistici appelli all'unità che hanno percorso - senza evidenti risultati - la sinistra dal 1921 in qua.
Il processo costituente potrebbe invece dar vita, come già nel '96 ad un incontro di culture e di sensibilità che metta insieme le grandi tradizioni che hanno percorso la storia italiana, proiettandole in un progetto di rinnovamento della società e dello Stato. In questo capace di dare rappresentanza e una nuova identità al sentire di milioni di italiani.
E infine, all'interno di quel processo costituente non dovrebbe essere sottovalutata l'esigenza di rinnovare profondamente la politica; e mi dispiace che proprio tu , nella tua lettera, ignori questa caratteristica irrinunciabile che dovrebbe avere ogni progetto veramente alternativo, e tema su cui squisitamente la società civile dovrebbe mobilitarsi. Prima fra tutte le modalità di scelta dei candidati; se non si instaura un rapporto fiduciario fra l'elettore e l'eletto, attraverso un meccanismo che bypassi gli accordi a tavolino fra i partiti, e capace di mettere in campo candidati autorevoli - non come fiori all'occhiello, ma scelti e votati dagli elettori (sto parlando di elezioni primarie, appunto) sarà molto difficile uscire dalle logiche di ripiegamento su se stessa e di autoreferenzialità della classe politica.
Forse sono stata troppo lunga; ma le domande, in questi tempi incerti, sembrano non finire mai.
Grazie, in ogni modo, per l'ascolto.
Tua Manuela.
Mizar-Alcor 3 novembre 2003
Penso, caro Mizar, che siamo di fronte ad un problema di corruzione.
Non accigliarti così, non parlo di tangenti! Ma di corruzione, cioè di progressivo sgretolamento dell'immagine di sé che ciascuno si porta dietro.
Non è da adesso che si oppone l'"essere" e l'"apparire", mettendo in guardia dall'abnorme valore
che acquista l'apparenza a scapito dell'essenza. E non è da adesso che si criticano aspramente certi stili televisivi,
che premiano non l'"essere" ma l'"esserci": laddove basta presenziare, farsi vedere per giustificare la propria esistenza.
Ecco, credo che questa subcultura sia a mano a mano penetrata e abbia corrotto anche una buona parte di sinistra.
Mi permetto di dire che l'onorevole Finocchiaro, col suo comportamento, ha ribadito che l'importante è esserci
e apparire in tv: perdendo completamente di vista "chi è", e "perché" stava dove stava.
Se se ne fosse ricordata, e se il suo "essere" fosse stato ben saldo sulle gambe, non avrebbe avuto problemi
a smascherare il gioco di Ferrara, e ad abbandonare la trasmissione. Ma non l'ha fatto, dimostrando con ciò
che non solo dalle parti di Berlusconi si celano i mali italiani. Magari non ti aspettavi una risposta così moralista.
Mi trovi troppo bacchettona, Mizar?
Affatto! Trovo che metti attenzione ad un intreccio di problemi molto serio.
Da un lato hai posto un problema di "etica politica", cioè rinunciare a essere se stessi pur di esserci e dall'altro
il possesso o meno di tecniche comunicative quando si è dentro lo strumento TV.
A me sembra che l'episodio mostri come la pur brava Finocchiaro, sia stata travolta (le immagini sono implacabili
e mostrano tutta la sua inadeguatezza comunicativa) proprio perché, in partenza, c'è una accettazione acritica
di quel tipo di trasmissione che, malgrado le reiterate dimostrazioni di "regole comunicative" truccate, continua ad
essere un "palcoscenico" ritenuto (dai nostri) essenziale per la "comunicazione politica". Aggiungo, poi, che questa
subcultura dell'esserci si sposa (con esiti nefasti) ad una pratica politica che mette al centro del proprio fare
l'antiberlusconismo invece della "proposta alternativa" alla soluzione dei problemi.
Allora sorge spontanea una domanda: è possibile spostare consensi se ciò che l'opposizione è in grado di dire
all'elettorato (anche in termini di comunicazione televisiva), si limita all'"apparire" senza riuscire a distinguersi per
le "proposte alternative"? Occupando, per questo, solo lo spazio dell'antiberlusconismo? Che, per altro, fa il paio
con l'anticomunismo (di cui Ferrara è solo un esecutore) del Cavaliere? Ma voglio fare un accenno anche all'altro
aspetto, quello del possesso o meno delle tecniche comunicative. Non bisogna essere degli esperti di comunicazione
per sapere che in TV, come in radio, ciò che fa premio è la capacità di sintesi, di essere diretti, ebbene quasi
sempre (salvo rare eccezioni) i nostri eroi quando appaiono in tv non rinunciano mai alle "premesse", alla necessità
di "spiegare" , in buona sostanza comunicano come se fossero oratori in un assemblea, ebbene questo "modo improprio"
di comunicare ha effetti che si aggiungono a quanto detto prima e il risultato è proprio negativo. Cara Alcor a ben vedere
anche l'ultima volta che ci siamo incontrati abbiamo parlato del tema della "comunicazione politica", secondo te siamo
particolarmente sensibili o, in realtà, il tema racchiude in sé i veri punti di crisi che il centro sinistra fatica ad affrontare?
Vorrei sottolineare un tuo concetto: che il "palcoscenico" è ritenuto dai nostri essenziale,
benché sia chiaro che le regole comunicative sono truccate. Allora, o i nostri, come li chiami tu, sono convinti di essere
delle volpi che possono vincere anche se il gioco è truccato - ciò che sarebbe dimostrazione di un'autostima
sproporzionata alla realtà, oppure non trovano una valida alternativa a questo modo di comunicare, benché truccato.
E credo sia vera la seconda ipotesi, anche se forse un'autostima un pochino ipertrofica non gli manca.
E proprio in questo dimostrano che l'antiberlusconismo è solo un collante per nascondere le mille divisioni del
centrosinistra, ma non è, come dovrebbe essere, una cultura alternativa, e uno stile alternativo. Perché non si tratta
solo di mettere in campo proposte e contenuti alternativi - che pure sarebbe indispensabile - ma soprattutto di saper
praticare uno stile che unisca la sobrietà alla capacità propositiva. Sobrietà significa anche astenersi, rifiutare
di giocare i giochi che vengono imposti dal di fuori; vuol dire anche rifiutare di scendere sul terreno dell'avversario, e
di farsi dettare temi e tempi, imponendo i nostri. Credo che questo sarebbe ben capito dagli italiani, ora che stanno
guarendo dalla sbronza berlusconiana. E sarebbe ben capito, credo, anche l'astenersi da comparsate in tv, imparando
a dosare, con saggezza, come e dove intervenire. E vengo all'ultima domanda. Si, il centrosinistra fa fatica ad
affrontare questi temi; non posso che rispondere tornando all'inizio del discorso. Se l'accento è sull'apparire anziché
sull'essere, e se questo non vale solo per gli individui, ma anche per i gruppi, credo che in questo momento
il centrosinistra non sa "essere", non sa trovare il suo centro di gravità, confuso forse da molte sirene che lo strattonano
da ogni parte. Non sarebbe male, credo, ritornare a riflettere sul "chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo".
Ehi, Mizar, la cosa m'intriga.... eccoti un argomento per il nostro prossimo incontro
In altre parole mi inviti a riflettere sull'identità. Alcor, certo che giochi un carico da undici!
Ti pare facile discutere di identità in un campo dove giocano otto distinte forze politiche? Ma, tant'è, so
che ti piacciono le imprese difficili.
Ciao Alcor...... al prossimo incontro, intanto mi ritiro sulla nostra galassia a meditare.