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Non esageriamo Chador "Sala d'attesa" Il Cristo "multietnico" condannato in tribunale Guerra illegittima? Il tema è un altro! La comunicazione? Lo specchio dell'anima. - Dialoghi metafisici di due extraterrestri -
Ma la maggioranza esiste, anche senza la lega? Se si svegliassero..... Il più notevole cambiamento politico che sia riuscito a registrare dacché sono nato, è la recente emersione di un diffuso sentimento bipolare. Molti del popolo hanno capito che mille fazioni non giovano. D’altronde questa tendenza a concentrare ha estensione continentale e potrebbe, nel tempo, avere conseguenze planetarie. E’ normale che il cambiamento disorienti e certamente chiede un atteggiamento di elasticità mentale per immaginare un futuro possibile, magari migliore. La concentrazione presenta un problema di crescente complessità, è più semplice gestire un piccolo partito che non uno grande, ma al tempo stesso introduce una sfida affascinante: si può avvicinare la democrazia (il potere del popolo) al popolo? Una moltitudine composta da singoli che abbiano coscienza del proprio ruolo politico è più responsabile, più attenta alle necessità di ciascuno. In altre parole il problema centrale di una democrazia meno oligarchica è un modo nuovo di gestire informazione, comunicazione e processo decisionale: a questo sono chiamati i partiti del futuro. Per questo credo che l’Ulivo sarebbe più ricco se acquisisse un patrimonio di dialettica e pluralismo tale da permettere la convivenza di fazioni oggi lontane tra loro. Penso che la maggior difficoltà che incontreremo nasca dalla riluttanza della nostra attuale classe dirigente ad abdicare parte del proprio potere, cosa che comunque dovranno fare poiché la storia procede lenta ma implacabile… se si svegliassero ci farebbero perdere meno tempo. Il declino al baratto istituzionale: il semestre italiano di blackout costituzionale.
Dialoghi senza rete - Di Telekom-Serbia, di Berlusconi, di destra e di altro ancora....
Vittorio 31 ottobre 2003
Manuela 28 ottobre 2003
Per inciso, la storia delle due ragazze, le famiglie da cui provengono,
ecc., fanno pensare più ad un caso di ribellione adolescenziale che ad una
vera e propria conversione, in quell'anelito verso l'assoluto che è tipica
di questa età; e personalmente penso che mestiere della scuola dovrebbe
essere quello di conoscere e aiutare la maturazione dei giovani anche
attraverso queste crisi. E che la repressione, in questi casi, sia la
peggiore delle medicine. Ma è, appunto, un inciso, che non diminuisce la
portata del problema generale.
Problema che tocca - o toccherà, prima o dopo - tutta l'Europa, in un
divenire della storia che mette in discussione anche le certezze ritenute
più acquisite. Il confronto/scontro con culture "altre", pongono l'
Occidente di fronte al significato del concetto di "libertà individuale".
Da un certo punto di vista, la libertà individuale pareva essere
strettamente intrecciata al progresso sociale, culturale, ecc. Insomma,
laddove venivano abbattute barriere di disuguaglianza, la libertà
individuale poteva dispiegarsi appieno. Il tutto in una concezione lineare
del progresso e del divenire storico. Ma accade che proprio
quell'incontro/scontro faccia sì che la rivendicazione della libertà
dell'individuo sembri andare in controtendenza con quella rassicurante
visione, e che diventi una bandiera di quello che una volta avremmo
chiamato "oscurantismo". In nome della libertà individuale, quelle ragazze
rifiutano le suggestione dell' "égalité" (di conseguenza, penso, anche
quella della "fraternité", ma non ne ho le prove). E qui, interviene il
preside, che, facendosi scudo con la laicità dello Stato limita, di fatto,
la libertà delle studentesse di abbigliarsi con i simboli del loro credo
religioso. Ben sapendo, comunque, che in Francia la laicità dello Stato è
una questione seria, non una querelle da risolvere furbescamente come
troppo spesso si è fatto da noi.
Si può parlare di libertà, laddove la libertà che vien richiesta è quella
di mantenersi in uno stato di inferiorità e di darne pubblica dimostrazione
con ciò che viene indossato (perchè, intendiamoci, il velo non è un
"costume" tradizionale, è una vera e propria dichiarazione della
inferiorità della donna - basti del resto osservare il significato del velo
in diverse culture per rendersene conto). Ma si può parlare di libertà
laddove viene impedito all'individuo di dichiarare, utilizzando i simboli,
il proprio credo religioso, sia o meno "politically correct" come lo
intendiamo noi?
La norma francese ha funzionato finchè ha funzionato il patto stabilito fra
stato e cittadini e finchè questi si riconoscevano figli di quella cultura
che ha dato vita a quel contratto sociale. Le religioni, cioè, potevano
pure essere diverse, ma i cittadini erano tutti uguali, e, percependosi
come cittadini dotati di una libera coscienza individuale potevano dunque
firmare quel contratto. Diversamente si pone il problema con cittadini che
dalla cultura del contratto sociale sono del tutto alieni, e le cui vicende
storiche non hanno dato un'identità di "citoyens". E se si debba prendere
la strada dell'omologazione, o quella dell'integrazione, che ha un senso
ben diverso, sarà tutto da scoprire. Su questo domande, però, alle quali
naturalmente non ho risposte, se non un qualche pensiero sparso, mi
piacerebbe che anche altri provassero a cimentarsi. Politica è anche
governo dei processi epocali, ed è bene sapere di trovarvicisi in mezzo.
Personalmente sento tutto il peso e la profondità delle mie radici;
osteggio un certo relativismo culturale, e penso che sia "oggettivamente"
migliore una società in cui la donna ha conquistato la perfetta parità,
almeno formale, con l'uomo. E che quindi l'uso del chador sia,
"oggettivamente" un passo indietro per le donne, prima che la
rivendicazione di un'identità (nazionale, etnica o religiosa che sia). Mi
augurerei che il problema venisse risolto non per imposizione di un credo
laico malinteso o maltollerato, ma per il riaprirsi di un dibattito nella
società sui valori del femminile, nonchè di una nuova fase di analisi
critica dei modelli e dei ruoli. A cominciare proprio dalle giovani
generazioni, e dalle scuole, in cui forse da molto tempo mancano
riflessioni di tal fatta. E forse schiveremmo anche il dibattito sui
Crocefissi.
Massimo 27 ottobre 2003
Si può procedere "intanto" alla costruzione della lista unitaria o occorre
aspettare che si pronunci Prodi?
E' ovvio che il concetto sottinteso a queste domande è se esista un progetto
di Ulivo autonomo da Prodi o meno.
Io penso di sì, ma voglio subito affrettarmi a precisare che non sto affatto
"contestando" la sua leadership, che anzi trovo importante e - scusatemi la
praticità - anche vincente per il suo forte valore unificante nei confronti
delle varie e litigiose anime del Cs.
E allora cosa c'è che non va?
Non va che l'Ulivo sia diventata la più grande sala d'attesa della politica
italiana.
Non va che si pensi che se il Professore non batte un colpo, tutto debba
rimanere fermo.
Non va che questo silenzio, diventi ogni giorno di più l'alibi dietro al
quale adagiarsi al proporzionale, con la coscienza a posto e un'appagata
rassegnazione.
Inoltre, mi chiedo: siamo sicuri che tirando Prodi per la giacca affinché si
pronunci sulla lista unitaria sia il modo giusto per rafforzare il progetto
ulivista e rafforzare Prodi come leader dell'iniziativa?
Non si scandalizzi nessuno, ma io penso di no.
Prodi non può - e non vuole - esprimersi a favore della lista unitaria
in maniera più esplicita di quanto abbia fatto a luglio per il semplice
motivo che - fino a fine 2004 - è ancora "in servizio attivo" presso la UE e
quindi tenuto ad un comportamento super partes, tanto più per una
competizione europea.
Se solo dicesse una parola in più, sarebbe impallinato dai cecchini - in
Italia e in Europa - pronti a mettere in dubbio il suo ruolo.
Se n'esce - sempre a mio avviso - puntando su un leader che possa "avviare"
il processo di semplificazione del frastagliato arcipelago del CS in vista
delle europee - anche con un embrione forte DS-Margherita (e SDI) - ma di
tale affinità e generosità da cedere il posto a Prodi in occasione delle
politiche del 2006.
Fantapolitica?
Forse, ma mi piace pensare - ad esempio - ad una Bindi che guidi ed apra
l'Ulivo e il suo nucleo iniziale anche agli "animatori" più rappresentativi
dei Movimenti, definiti magari con primarie circoscritte per mandare in
Europa un Pardi, o un esponente di Giustizia e Libertà...
Se - oggi - vogliamo rinforzare l'Ulivo dobbiamo "de-prodizzarlo"; se
vogliamo rinforzare Prodi, dobbiamo "de-ulivizzarlo".
Montepino 26 ottobre 2003
Enzo 21 ottobre 2003
Il Consiglio di sicurezza con questa risoluzione si fa carico della necessità di un percorso per condurre l'IRAK fuori dall'emergenza postbellica, perché vede nel perpetuarsi dell'incertezza irakena un elemento di pericolo per gli equilibri dell'area e di difficoltà per la lotta al terrorismo. Possiamo sottovalutare questa novità o, peggio, ridurla ad una postuma legittimazione della guerra? A me interessa sapere che i tentativi di ricostruzione dello stato irakeno avvengono con il concorso e appoggio della comunità.
Punto 7 della risoluzione .....Invita il Consiglio governativo a comunicare, il 15 dicembre 2003 al più tardi, di concerto con l'Autorità e, se le circostanze lo permettono, il Rappresentante speciale del Segretario generale, un calendario e un programma ai fini della redazione di una nuova Costituzione per l'Iraq e dell'indizione di elezioni democratiche conformemente a questa Costituzione;
Questo percorso diventa l'obiettivo sul quale coinvolgere l'intera comunità internazionale che deve, quindi, farsi carico del sostegno economico, politico e militare. Dunque, la lettura della risoluzione non lascia dubbi circa il cambio di scenario: la comunità internazionale è chiamata nel suo insieme ad operare per il superamento dell'attuale situazione. Non riconoscere questa novità significa lavorare contro il concetto di multilateralità. A me sembra incomprensibile che si possa sostenere che questa risoluzione legittima la guerra preventiva degli USA. Sfido chiunque a trovare una parola che vada in questo senso, anzi! Lo sforzo che si legge in questo linguaggio burocratico è proprio quello di ricondurre la questione IRAK nell'ambito di una gestione multilaterale.
Punto 8 della risoluzione..... Si dichiara risoluto affinché l'Organizzazione delle Nazioni unite, agendo per mezzo del Segretario Generale, del suo Rappresentante speciale e della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq, rinforzi il suo ruolo cruciale in Iraq, specialmente portando soccorsi umanitari, favorendo le condizioni propizie alla ricostruzione economica e allo sviluppo dell'Iraq a lungo termine, e concorrendo agli sforzi tesi a creare e ristabilire le istituzioni nazionali e locali necessarie ad un governo rappresentativo;
Questo obiettivo/coinvolgimento dell'ONU non può essere credibile se la comunità internazionale non si fa carico militarmente, appunto, anche delle necessità di garantirne la "sicurezza". Infatti, il punto 13 dove è affrontato il tema della "forza multinazionale" supera la questione della "guerra sì guerra no", spostando il problema di una rapida ricostruzione dello stato: è un obiettivo condivisibile? Saremmo compresi se continuassimo a ragionare sulla illegittimità della guerra?
Leggiamo attentamente il punto 13 e vediamo come una presenza di una "forza multinazionale" si ponga all'interno del concetto di multilateralità.
Il punto del 13 recita......"Considera che la sicurezza e la stabilità condizionano il risultato del processo politico di cui al paragrafo 7 sopra citato e l'attitudine dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a concorrere realmente a questo processo e all'applicazione della risoluzione 1483(2003), e autorizza una forza multinazionale, sotto comando unificato, a prendere tutte le misure necessarie per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq, specialmente al fine di assicurare le condizioni necessarie alla messa in opera del calendario e del programma, e per contribuire alla sicurezza della Missione di assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq, del Consiglio governativo dell'Iraq e delle altre istituzioni dell'amministrazione provvisoria irachena, e dei principali elementi dell'infrastruttura umanitaria ed economica;"
Questa non è una formulazione che legittima la guerra, viceversa apre spazi ad un ruolo nuovo della comunità internazionale (su questo nuovo scenario anche l'Europa può trovare una ricomposizione svolgendo un'azione più incisiva) per lavorare alla ricostruzione di quel paese. Allora credo che fuori dalle pregiudiziali di principio serva definire una posizione che aiuti Italia, l'Europa ad essere protagonista di un rilancio del ruolo dell'ONU e quindi del concetto di multilaterità. Questo deve essere l'obiettivo di una opposizione che i candida al governo del paese, senza, per questo, smentire la giusta posizione di contrasto alla guerra preventiva condotta dagli USA e dall'Inghilterra.
Mizar-Alcor 16 ottobre 2003
Caro Mizar... che fai? ti fai le domande e ti dai le risposte, come ci ha insegnato Marzullo? Scusa se incomincio scherzando, ma del resto non posso che essere meravigliata quanto te dal fatto che un uomo politico di grande esperienza e - si immagina - di spessore, come Violante, cada su queste bucce di banana. Al che, mi vien da risponderti non parlando subito di politica, ma di linguaggio. Mi sembra che il linguaggio politico si vada, da una parte, complicando, e dall'altra semplificando oltre il consentito. Abbiamo parole di cui non conosciamo più il significato - riformismo, per esempio; ormai, per poterla citare a proposito bisogna usare tante di quelle chiose che si finisce per lasciar perdere. E, specularmente, si lavora più per immagini che per concetti: pensa, ad esempio al "comunisti" di Berlusconi. Sappiamo benissimo che è un significante senza significati - quei "comunisti" cui si riferisce Berlusconi non hanno un corrispettivo nella realtà odierna e probabilmente neanche nel passato: ma è una parola che semplifica ad oltranza una serie di concetti complessi, richiedendo pochissima fatica all'ascoltatore. A me sembra che Violante faccia la stessa operazione. Non posso credere che un politico non sprovveduto intenda dire, con quella frase, proprio quello che dice: è evidente che il senso delle parole è proprio quello che espliciti tu, con una impeccabile "traduzione". Ma il fatto è che si crede di essere più immediati, più di effetto, traducendo in un'immagine ("Berlusconi"), quello che invece doveva essere ben spiegato e motivato. Così il "Berlusconi" di Violante diventa speculare al "comunisti" di Berlusconi (scusami il bisticcio!). E da questo potrei trarre una desolante conclusione. Se la sinistra non riesce nemmeno ad imporre un modo di comunicazione diverso, se non riesce a costruire un'alternativa, partendo anche da qui, dai concetti che si vogliono esprimere e dal modo come li si esprime, un'alternativa culturale, quindi, al berlusconismo dominante, avrà speranza di poter costruire un'alternativa politica? L'intervista di Violante.... Un gran brutto segnale, Mizar, secondo me.
Alcor seguendo il tuo ragionamento si capisce (lo dico in politichese) perché il centro sinistra subisce l'agenda politica del Cavaliere. Si capisce, anche, che potrà ambire al governo del paese solo se saprà portare a termine la riforma del sistema politico che aveva avviato con l'Ulivo del '96. Già è proprio così! D'altronde la "comunicazione" non è altro che lo "specchio dell'anima". E di anime il centro sinistra ne vuol mantenere troppe. Ciao Alcor, alla prossima!
Ciao Mizar…. Torno sulla mia galassia…. È meglio! Smile….
Montepino 12 ottobre 2003
Enrico 10 ottobre 2003
Bruno 6 ottobre 2003
Un baratto con la Carta Europea?
Mizar-Alcor 4 ottobre 2003
1) Com' è che, avendo a disposizione tutto l'apparato dello Stato, compresi i Servizi segreti, nonchè una potenza di fuoco mediatica mai vista, questa storia è stata montata talmente male, che era evidente ai più credo, il suo uso strumentale a fini politici? E' credibile che tutto si riduca ad una manica di dilettanti allo sbaraglio, che nemmeno sanno montare una bugia ben confezionata e credibile?
2) Oppure c'è ben altro? C'è un attacco alle istituzioni democratiche di inaudita gravità, al limite del colpo di Stato? Al di sotto dell' apparenza, non si sta forse mettendo in atto, in forme che a noi sembrano inconcepibili (dalle sparate di Bossi alle leggi sulla magistratura, da un volgare revisionismo storico alla destrutturazione della scuola pubblica), una strisciante ristrutturazione dello Stato e dei suoi capisaldi, fino a mettere in discussione l'esistenza stessa di un regime democratico?
Alcor vorrei poterti dire che dietro "c'è ben altro", ma proprio non ci riesco. Per spiegarmi vorrei partire da una premessa. Ricordi che un po' di tempo fa abbiamo parlato di quanto, oggi, sia diffuso l'attaccamento alle libertà democratiche? Cioè di come oggi anche chi è di destra (e non parliamo della minoranza fanatica) non è disponibile a mettere in discussione le "libertà" che gli sono assicurate dal sistema democratico. Sessant'anni di democrazia e il benessere hanno modificato radicalmente tutti quanti: anche il modo di essere di destra. Non vale a smentire questa premessa nemmeno l'insistenza con cui il Cavaliere punta il dito sui "comunisti" (peraltro da lui sconfitti!) che tutto corrompono. L'elettorato di destra, al di là del piacere di questa sollecitazione, è ben consapevole che nessuno mette in discussione il "sistema". In buona sostanza non è in atto in Italia uno scontro (più o meno palese) per la conquista del potere e per il cambiamento del sistema economico e sociale. Lo so che tanti nostri "compagni" si scandalizzeranno a questa affermazione, ma se lasciamo da parte le facile battute, oggi nessuno (da destra) pensa ad una dittatura: sempre che si voglia dare a questo termine il vero significato. Ciò non vuol dire che i sistemi democratici siano esenti da problemi (a prescindere da Berlusconi), ci sono e vanno affrontati: e la sinistra lo fa poco! Ma a parte questo che è un problema che ci porterebbe lontano, rimane il fatto che oggi la destra cerca di "gestire" il potere in funzione di interessi ben precisi, ma avendo fatto proprio il bisogno di salvaguardia delle libertà individuali e collettive. Quindi?
Quindi propendi per la prima ipotesi - che tutto sia stato montato da incapaci apprendisti stregoni, cui la materia si è rivoltata contro. Allora, partiamo dall'ipotesi che tu abbia ragione, che non esista in Italia un serio pericolo per la democrazia e che quello che si gioca non è , per usare le tue parole, "uno scontro (più o meno palese) per la conquista del potere e per il cambiamento del sistema economico e sociale.". Di conseguenza non avrebbero senso gli allarmi di chi si mobilita per difendere, ad esempio, l'indipendenza della magistratura; o di chi teme uno stravolgimento della Costituzione con le proposte di riforme istituzionali del Polo. Ho l'impressione, permettimi Mizar, che tu intenda "democrazia" in un'eccezione puramente formale e non il sostanziale sistema di pesi e contrappesi che sono a monte, e permettono il dispiegarsi, delle libertà. Non è una questione da poco; se il quadro è quello che disegni tu, l'opposizione fa bene a limitarsi a battaglie parlamentari, nonchè, a seconda dei casi, a seguire logiche bipartisan; ma se la situazione è più grave, ha ragione chi chiama i cittadini in piazza a manifestare.
Attenta Alcor, io ho detto che è diffusa l'idea che le libertà individuali sono intangibili. Scusa se sottolineo ancora questo concetto, ma crediamo veramente che l'elettorato di destra sia disposto a mettere in discussione la libertà di movimento, di scelta rispetto al proprio percorso di vita o, ancora, di libero mercato? Io osservo che la destra nelle democrazie avanzate ha cambiato i propri obiettivi e dove è al governo non mi sembra che ci siano pericoli imminenti di dittature. Certo in Italia abbiamo Berlusconi. E' questo fa del nostro paese un caso speciale. Ma proprio perché è un caso speciale, con caratteristiche inedite per la storia del paese e delle istituzioni democratiche, possiamo leggerlo con le lenti classiche della fenomenologia di destra? Io credo di no! Credo che il fenomeno vada letto avendo più che mai presente le profonde novità introdotte dalla globalizzazione nelle nostre società (valga per tutto il tema dell'informazione e dei media che esiste in tutti i paesi). A ciò si aggiunga che la discussione viene viziata dall'uso improprio del le parole, mi spiego. Se si usano parole come "regime" , "dittatura", "golpe istituzionale", per indicare certi atti e poi la vita concreta delle persone continua indifferente come prima, senza alcuna limitazione della propria libertà si commette un errore grave in termini di strategia politica. Conosciamo molto bene il significato "sostanziale" di quei termini per usarli in modo gridato. Delle due l'una: o quelle parole sono concretamente vere e allora bisogna "prendere le armi" per difendere la democrazia, o sono un modo sbagliato per indicare un problema vero che però ha altri nomi. Allora cara Alcor se è vero, com'è vero, che il fenomeno Berlusconi sta ponendo al paese problemi seri (quelli che tu hai citato più altri ancora), credo che il modo di come una parte dell'opposizione conduce la battaglia politica non sia utile alla formazione di un ampio consenso: maggioritario nel paese e non solo nelle piazze. Ma tutto questo che c'entra con la questione Telekom Serbia?
Forse non c'entra, ma non ti sembra che il caso sia, per dir così, emblematico? C'è stato il palese tentativo di criminalizzare l'opposizione, costruendo testimonianze e prove che non hanno retto; non vuol significare questo, che la maggioranza è disposta ad andare ben al di là di una corretta dialettica politica fra maggioranza ed opposizione? E, per perseguire questo scopo, ad usare tutti i mezzi leciti e meno leciti? Del resto, a tuo favore devo dire che, se il tentativo c'è stato, non è andato a buon fine.... Forse proprio perchè quella democrazia "interiorizzata" dal paese, regge nonostante tutto. Ma quanto potrà reggere ancora, se la situazione diventa ogni giorno più difficile (guarda ad esempio le ultime leggi sulla Magistratura: per quando ancora potremo dire che la Magistratura è un potere indipendente)? E ancora: parli dell'errore di una "certa parte dell'opposizione" nel condurre la battaglia politica. Credo tu ti riferisca alla sinistra "alternativa". E fin qui potrei anche essere d'accordo. Ma l'opposizione, tutta l'opposizione, cosa dovrebbe fare per costruire consenso? Rinunciare a protestare nelle piazze? Questa domanda è rimasta inevasa, Mizar....
Siamo d'accordo Alcor! Siamo d'accordo che il caso Telekom è emblematico di come questo centro destra intenda il confronto politico. E' bene dirlo ed un bene combatterlo. C'è, sicuramente, in questa pseudocultura una volontà punitiva verso l'avversario politico e verso tutto ciò che non si "adegua" al volere di questo "padrone". La Commissione Telekom-Serbia sta dentro a questa logica, attraverso essa si vuole colpire l'opposizione e gli uomini che guideranno lo schieramento di centro sinistra nelle competizioni elettorali. Tutto ciò è evidente, ma detto questo rimane il fatto che questo centro destra che, come ho detto, è fondato sulla novità rappresentata dal Cavaliere, mantiene molti dei difetti storici della destra italiana. Che sono quelli di un ceto politico "caciarone", "incompetente", "furbastro" che ha sempre rifiutato di misurarsi con le culture della destra europea che, non dimentichiamolo, è stata antifascista. Allora si spiega anche questo modo di raffazzonare una pseudostoria di malaffare politico servendosi di personaggi come Marini. E' stato detto più e più volte che ciò di cui è portatore Berlusconi rappresenta un pericolo: non c'è bisogno di ricordarne i mille esempi. Viceversa è giusto,come tu dici, avere la massima attenzione ai fenomeni degenerativi della democrazia; ma detto questo, e per tornare al ragionamento che ho tentato di sviluppare in questo nostro confronto, credo che più il Cavaliere insiste nel fornirci elementi di critica e compie atti che incrinano il suo rapporto con gli italiani, più sia sbagliato mettere sul tavolo politico solo la "protesta", l'"indignazione", il "resistere resistere resistere". Credo questo, perché il paese è cambiato, non ci sono più le ideologie, e i cittadini italiani hanno capito, molto più del ceto politico, il funzionamento di un sistema bipolare. Nel paese c'è, infatti, una richiesta di rappresentanza politica basata su un progetto di governo del paese. Non si vota uno schieramento piuttosto che un altro sulla base degli annunciati e mai realizzati "golpe". Quello che i responsabili del centro sinistra sembrano non aver capito è che Berlusconi lo si sconfigge solo sulla base di un "progetto di governo del paese" (scusa se lo ricordo, ma per progetto intendo: un programma semplice, che affronti le grandi questioni che attengono la vita delle persone; un candidato premier e una squadra di governo autorevole; un coalizione coesa sugli obiettivi che vuole perseguire) e non certo di spallate o, peggio, pensando di risolvere i problemi interni del centro sinistra utilizzando il collante dell'antiberlusconismo: gli elettori hanno orecchie fini e punirebbero una siffatta compagnia!
Temo proprio che tu abbia ragione nel sostenere che più che le spallate occorre un progetto. Purtroppo oggi, per quel che si può vedere e capire, non c'è nel panorama politico niente che rassicuri in questo senso. Ma staremo a vedere, con la solita attenzione, cosa succederà nei prossimi mesi. Grazie per avermi offerto questa occasione per scambiare qualche idea, Mizar. E.... buona serata.
Grazie a te Alcor e buona serata............a proposito..... ci vediamo in piazza per la manifestazione contro la Gasparri?