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Politica, le opinioni



Non esageriamo
Vittorio 31 ottobre 2003

Sono un non credente che, in ogni occasione in cui si celebra qualche ricorrenza religiosa con la presenza di persone importanti ed autortà varie, ancora si chiede : "ma fanno 'o vero?" Per me è incredibile che ci sia tanta gente che crede....io penso che hanno qualche problema... Per non parlare poi degli intrallazzi dei preti a vari livelli (sempre rubicondi e pasciuti, in grandissima maggioranza...) e delle schifezze di ogni genere fatte da questi signori in nome di un Dio...mi riferisco a tutte le religioni aggressive, tipo musulmana, cattolica ebrea etc.... Detto cio' e chiarito che io il crocefisso l'avrei tolto di corsa da qualsiasi muro....anche perchè piu' che altro simbolo della ferocia umana...non mi pare che sia il caso di farne una crociata. Almeno in occidente, pur se lentamente, il sentimento religioso si va da tempo affievolendo. Diamo tempo al tempo...








Chador
Manuela 28 ottobre 2003

L 'Opinione di Montepino, che trovo condivisibile nelle sue linee generali, mi riporta ad un tema su cui avrei voluto riflettere, un po' di tempo fa, quando l'argomento era ancora caldo. Ormai ho perso i riferimenti giornalistici, ma in breve, si trattava della notizia della sospensione di due studentesse di una scuola superiore francese perchè indossavano il velo islamico a scuola.

Per inciso, la storia delle due ragazze, le famiglie da cui provengono, ecc., fanno pensare più ad un caso di ribellione adolescenziale che ad una vera e propria conversione, in quell'anelito verso l'assoluto che è tipica di questa età; e personalmente penso che mestiere della scuola dovrebbe essere quello di conoscere e aiutare la maturazione dei giovani anche attraverso queste crisi. E che la repressione, in questi casi, sia la peggiore delle medicine. Ma è, appunto, un inciso, che non diminuisce la portata del problema generale.

Problema che tocca - o toccherà, prima o dopo - tutta l'Europa, in un divenire della storia che mette in discussione anche le certezze ritenute più acquisite. Il confronto/scontro con culture "altre", pongono l' Occidente di fronte al significato del concetto di "libertà individuale".

Da un certo punto di vista, la libertà individuale pareva essere strettamente intrecciata al progresso sociale, culturale, ecc. Insomma, laddove venivano abbattute barriere di disuguaglianza, la libertà individuale poteva dispiegarsi appieno. Il tutto in una concezione lineare del progresso e del divenire storico. Ma accade che proprio quell'incontro/scontro faccia sì che la rivendicazione della libertà dell'individuo sembri andare in controtendenza con quella rassicurante visione, e che diventi una bandiera di quello che una volta avremmo chiamato "oscurantismo". In nome della libertà individuale, quelle ragazze rifiutano le suggestione dell' "égalité" (di conseguenza, penso, anche quella della "fraternité", ma non ne ho le prove). E qui, interviene il preside, che, facendosi scudo con la laicità dello Stato limita, di fatto, la libertà delle studentesse di abbigliarsi con i simboli del loro credo religioso. Ben sapendo, comunque, che in Francia la laicità dello Stato è una questione seria, non una querelle da risolvere furbescamente come troppo spesso si è fatto da noi.

Si può parlare di libertà, laddove la libertà che vien richiesta è quella di mantenersi in uno stato di inferiorità e di darne pubblica dimostrazione con ciò che viene indossato (perchè, intendiamoci, il velo non è un "costume" tradizionale, è una vera e propria dichiarazione della inferiorità della donna - basti del resto osservare il significato del velo in diverse culture per rendersene conto). Ma si può parlare di libertà laddove viene impedito all'individuo di dichiarare, utilizzando i simboli, il proprio credo religioso, sia o meno "politically correct" come lo intendiamo noi?

La norma francese ha funzionato finchè ha funzionato il patto stabilito fra stato e cittadini e finchè questi si riconoscevano figli di quella cultura che ha dato vita a quel contratto sociale. Le religioni, cioè, potevano pure essere diverse, ma i cittadini erano tutti uguali, e, percependosi come cittadini dotati di una libera coscienza individuale potevano dunque firmare quel contratto. Diversamente si pone il problema con cittadini che dalla cultura del contratto sociale sono del tutto alieni, e le cui vicende storiche non hanno dato un'identità di "citoyens". E se si debba prendere la strada dell'omologazione, o quella dell'integrazione, che ha un senso ben diverso, sarà tutto da scoprire. Su questo domande, però, alle quali naturalmente non ho risposte, se non un qualche pensiero sparso, mi piacerebbe che anche altri provassero a cimentarsi. Politica è anche governo dei processi epocali, ed è bene sapere di trovarvicisi in mezzo.

Personalmente sento tutto il peso e la profondità delle mie radici; osteggio un certo relativismo culturale, e penso che sia "oggettivamente" migliore una società in cui la donna ha conquistato la perfetta parità, almeno formale, con l'uomo. E che quindi l'uso del chador sia, "oggettivamente" un passo indietro per le donne, prima che la rivendicazione di un'identità (nazionale, etnica o religiosa che sia). Mi augurerei che il problema venisse risolto non per imposizione di un credo laico malinteso o maltollerato, ma per il riaprirsi di un dibattito nella società sui valori del femminile, nonchè di una nuova fase di analisi critica dei modelli e dei ruoli. A cominciare proprio dalle giovani generazioni, e dalle scuole, in cui forse da molto tempo mancano riflessioni di tal fatta. E forse schiveremmo anche il dibattito sui Crocefissi.

"Sala d'attesa"
Massimo 27 ottobre 2003

E se Prodi continua nel suo silenzio?
Si può procedere "intanto" alla costruzione della lista unitaria o occorre aspettare che si pronunci Prodi?

E' ovvio che il concetto sottinteso a queste domande è se esista un progetto di Ulivo autonomo da Prodi o meno. Io penso di sì, ma voglio subito affrettarmi a precisare che non sto affatto "contestando" la sua leadership, che anzi trovo importante e - scusatemi la praticità - anche vincente per il suo forte valore unificante nei confronti delle varie e litigiose anime del Cs.

E allora cosa c'è che non va?
Non va che l'Ulivo sia diventata la più grande sala d'attesa della politica italiana. Non va che si pensi che se il Professore non batte un colpo, tutto debba rimanere fermo. Non va che questo silenzio, diventi ogni giorno di più l'alibi dietro al quale adagiarsi al proporzionale, con la coscienza a posto e un'appagata rassegnazione.

Inoltre, mi chiedo: siamo sicuri che tirando Prodi per la giacca affinché si pronunci sulla lista unitaria sia il modo giusto per rafforzare il progetto ulivista e rafforzare Prodi come leader dell'iniziativa?

Non si scandalizzi nessuno, ma io penso di no. Prodi non può - e non vuole - esprimersi a favore della lista unitaria in maniera più esplicita di quanto abbia fatto a luglio per il semplice motivo che - fino a fine 2004 - è ancora "in servizio attivo" presso la UE e quindi tenuto ad un comportamento super partes, tanto più per una competizione europea.

Se solo dicesse una parola in più, sarebbe impallinato dai cecchini - in Italia e in Europa - pronti a mettere in dubbio il suo ruolo. Se n'esce - sempre a mio avviso - puntando su un leader che possa "avviare" il processo di semplificazione del frastagliato arcipelago del CS in vista delle europee - anche con un embrione forte DS-Margherita (e SDI) - ma di tale affinità e generosità da cedere il posto a Prodi in occasione delle politiche del 2006.

Fantapolitica?
Forse, ma mi piace pensare - ad esempio - ad una Bindi che guidi ed apra l'Ulivo e il suo nucleo iniziale anche agli "animatori" più rappresentativi dei Movimenti, definiti magari con primarie circoscritte per mandare in Europa un Pardi, o un esponente di Giustizia e Libertà...

Una Bindi - che con la sua forza ed il riconoscimento di cui ormai giustamente gode - possa consegnare a Prodi un Ulivo "semilavorato" pronto per essere rifinito per le politiche 2006 con la piena assunzione di responsabilità di Prodi, un leader che - a quel punto - avrebbe onorato fino alla scadenza i suoi impegni europei e si presenterebbe con il suo credito di correttezza ancora più forte e autorevole nei confronti dell'elettorato di tutto l'Ulivo ed un forte appeal nei confronti del settore moderato.

Se - oggi - vogliamo rinforzare l'Ulivo dobbiamo "de-prodizzarlo"; se vogliamo rinforzare Prodi, dobbiamo "de-ulivizzarlo".




Il Cristo "multietnico" condannato in tribunale
Montepino 26 ottobre 2003

La rimozione del crocifisso, conclude il giudice, "è l'unica misura possibile per inibire la lesione del diritto di libertà dei figli minori, poichè l'alternativa sarebbe non far partecipare all'attività didattica i piccoli scolari" Se questa è la conclusione del giudice Montanaro, mi sembra abbia impostato la sentenza su ragioni discutibilissime. Il problema del "crocifisso" nelle scuole è oggetto di discussione già da tempo tra laici non credenti, e credenti cristianamente difensori della laicità dello Stato. Ora, al giudice di Tribunale dell'Aquila, pare che l'alternativa "unica" (all'aula con crocifisso per minori di religione non cristiana) sia la rimozione di un semplice "arredo" ereditato culturalmente insieme al contesto ospitante. L'alternativa vera appare invece solo l'abrogazione della legge del 1923 che impone allo Stato un'abdicazione della propria laicità. Se nessun Parlamento ritiene superati i Patti concordatari reintrodotti nella Costituzione repubblicana con l'Art 7, è ovvio che non è maturo quel laicismo trasversale che serve a rispedire oltre Tevere quel ch'è d'oltre Tevere. Se ciò potesse finalmente avvenire, il "Dio" crocifisso sarebbe finalmente tirato giù dalla croce ad opera del rispetto laico, e a discapito di tutte le ipocrisie bempensanti che ve l'innalzano ancora, e mai a caso. Quella sentenza, la vedrei invece assai più utile a favorire l'integrazione tra ospiti e ospitanti se la si emettesse contro l'usanza di preghiera di ringraziamento a Gesù nelle mense di scuola materna pubbliche. Il Cristo multietnico, infatti, lo si mette in croce da Duemila anni per poterlo pregare a senso unico

Guerra illegittima? Il tema è un altro!
Enzo 21 ottobre 2003

Negli ultimi tempi da più parti è stata enfatizzata la ritrovata "unità d'azione dell'intera opposizione", ma ecco che la risoluzione del Consiglio di sicurezza sull'IRAK rimette tutto in discussione. Il rischio di una spaccatura sul tema della nostra presenza militare in IRAK si fa molto concreto. Tutte le volte che si discute di questi temi si finisce, quasi inevitabilmente, a parlare di valori, di principi, per quanto mi riguarda credo opportuno stare alla concretezza dei fatti. Ebbene, dopo una "guerra preventiva" che ha spaccato la comunità internazionale, e messo fortemente in discussione il ruolo dell'ONU, con la risoluzione 4844 del Consiglio di sicurezza si è aperto uno scenario nuovo rispetto al quale è necessario verificare se ci sono le condizioni per una ripresa di un protagonismo dell'Italia e dell'Europa.

Il Consiglio di sicurezza con questa risoluzione si fa carico della necessità di un percorso per condurre l'IRAK fuori dall'emergenza postbellica, perché vede nel perpetuarsi dell'incertezza irakena un elemento di pericolo per gli equilibri dell'area e di difficoltà per la lotta al terrorismo. Possiamo sottovalutare questa novità o, peggio, ridurla ad una postuma legittimazione della guerra? A me interessa sapere che i tentativi di ricostruzione dello stato irakeno avvengono con il concorso e appoggio della comunità.

Punto 7 della risoluzione .....Invita il Consiglio governativo a comunicare, il 15 dicembre 2003 al più tardi, di concerto con l'Autorità e, se le circostanze lo permettono, il Rappresentante speciale del Segretario generale, un calendario e un programma ai fini della redazione di una nuova Costituzione per l'Iraq e dell'indizione di elezioni democratiche conformemente a questa Costituzione;

Questo percorso diventa l'obiettivo sul quale coinvolgere l'intera comunità internazionale che deve, quindi, farsi carico del sostegno economico, politico e militare. Dunque, la lettura della risoluzione non lascia dubbi circa il cambio di scenario: la comunità internazionale è chiamata nel suo insieme ad operare per il superamento dell'attuale situazione. Non riconoscere questa novità significa lavorare contro il concetto di multilateralità. A me sembra incomprensibile che si possa sostenere che questa risoluzione legittima la guerra preventiva degli USA. Sfido chiunque a trovare una parola che vada in questo senso, anzi! Lo sforzo che si legge in questo linguaggio burocratico è proprio quello di ricondurre la questione IRAK nell'ambito di una gestione multilaterale.

Punto 8 della risoluzione..... Si dichiara risoluto affinché l'Organizzazione delle Nazioni unite, agendo per mezzo del Segretario Generale, del suo Rappresentante speciale e della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq, rinforzi il suo ruolo cruciale in Iraq, specialmente portando soccorsi umanitari, favorendo le condizioni propizie alla ricostruzione economica e allo sviluppo dell'Iraq a lungo termine, e concorrendo agli sforzi tesi a creare e ristabilire le istituzioni nazionali e locali necessarie ad un governo rappresentativo;

Questo obiettivo/coinvolgimento dell'ONU non può essere credibile se la comunità internazionale non si fa carico militarmente, appunto, anche delle necessità di garantirne la "sicurezza". Infatti, il punto 13 dove è affrontato il tema della "forza multinazionale" supera la questione della "guerra sì guerra no", spostando il problema di una rapida ricostruzione dello stato: è un obiettivo condivisibile? Saremmo compresi se continuassimo a ragionare sulla illegittimità della guerra? Leggiamo attentamente il punto 13 e vediamo come una presenza di una "forza multinazionale" si ponga all'interno del concetto di multilateralità.

Il punto del 13 recita......"Considera che la sicurezza e la stabilità condizionano il risultato del processo politico di cui al paragrafo 7 sopra citato e l'attitudine dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a concorrere realmente a questo processo e all'applicazione della risoluzione 1483(2003), e autorizza una forza multinazionale, sotto comando unificato, a prendere tutte le misure necessarie per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq, specialmente al fine di assicurare le condizioni necessarie alla messa in opera del calendario e del programma, e per contribuire alla sicurezza della Missione di assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq, del Consiglio governativo dell'Iraq e delle altre istituzioni dell'amministrazione provvisoria irachena, e dei principali elementi dell'infrastruttura umanitaria ed economica;"

Questa non è una formulazione che legittima la guerra, viceversa apre spazi ad un ruolo nuovo della comunità internazionale (su questo nuovo scenario anche l'Europa può trovare una ricomposizione svolgendo un'azione più incisiva) per lavorare alla ricostruzione di quel paese. Allora credo che fuori dalle pregiudiziali di principio serva definire una posizione che aiuti Italia, l'Europa ad essere protagonista di un rilancio del ruolo dell'ONU e quindi del concetto di multilaterità. Questo deve essere l'obiettivo di una opposizione che i candida al governo del paese, senza, per questo, smentire la giusta posizione di contrasto alla guerra preventiva condotta dagli USA e dall'Inghilterra.

La comunicazione? Lo specchio dell'anima. - Dialoghi metafisici di due extraterrestri -
Mizar-Alcor 16 ottobre 2003

Alcor, hai letto di Violante? Stavolta aiutami tu a capire. La maggioranza è in difficoltà, incapace di affrontare i problemi del paese e lacerata al suo interno da polemiche come quella sul voto ai lavoratori extracomunitari. Tanto che sempre più si parla di elezioni anticipate dopo la scadenza del semestre europeo. E' il nostro uomo che fa? Nel corso di una intervista spara una frase che immediatamente rimbalza su tutti i giornali: "La mafia oggi non ha paura e non per responsabilità delle forze dell'ordine, ma per responsabilità del presidente del Consiglio". Dimmi Alcor, ma Violante fa apposta? Come si fa a non capire che queste sono vere e proprie ciambelle di salvataggio? Come si fa a prestarsi al mantenimento del confronto sul piano della reciproca delegittimazione invece di parlare del merito dei problemi? Non sarebbe stato più serio dire: questa maggioranza non ha fatto nulla sulla legislazione per contrastare la mafia e noi proponiamo invece questi interventi? Dimmi tu cara Alcor, è solo uno scivolone o questo personale politico è irrimediabilmente logorato e ancorato a un modo di fare politica tipico della prima Repubblica?

Caro Mizar... che fai? ti fai le domande e ti dai le risposte, come ci ha insegnato Marzullo? Scusa se incomincio scherzando, ma del resto non posso che essere meravigliata quanto te dal fatto che un uomo politico di grande esperienza e - si immagina - di spessore, come Violante, cada su queste bucce di banana. Al che, mi vien da risponderti non parlando subito di politica, ma di linguaggio. Mi sembra che il linguaggio politico si vada, da una parte, complicando, e dall'altra semplificando oltre il consentito. Abbiamo parole di cui non conosciamo più il significato - riformismo, per esempio; ormai, per poterla citare a proposito bisogna usare tante di quelle chiose che si finisce per lasciar perdere. E, specularmente, si lavora più per immagini che per concetti: pensa, ad esempio al "comunisti" di Berlusconi. Sappiamo benissimo che è un significante senza significati - quei "comunisti" cui si riferisce Berlusconi non hanno un corrispettivo nella realtà odierna e probabilmente neanche nel passato: ma è una parola che semplifica ad oltranza una serie di concetti complessi, richiedendo pochissima fatica all'ascoltatore. A me sembra che Violante faccia la stessa operazione. Non posso credere che un politico non sprovveduto intenda dire, con quella frase, proprio quello che dice: è evidente che il senso delle parole è proprio quello che espliciti tu, con una impeccabile "traduzione". Ma il fatto è che si crede di essere più immediati, più di effetto, traducendo in un'immagine ("Berlusconi"), quello che invece doveva essere ben spiegato e motivato. Così il "Berlusconi" di Violante diventa speculare al "comunisti" di Berlusconi (scusami il bisticcio!). E da questo potrei trarre una desolante conclusione. Se la sinistra non riesce nemmeno ad imporre un modo di comunicazione diverso, se non riesce a costruire un'alternativa, partendo anche da qui, dai concetti che si vogliono esprimere e dal modo come li si esprime, un'alternativa culturale, quindi, al berlusconismo dominante, avrà speranza di poter costruire un'alternativa politica? L'intervista di Violante.... Un gran brutto segnale, Mizar, secondo me.

Alcor seguendo il tuo ragionamento si capisce (lo dico in politichese) perché il centro sinistra subisce l'agenda politica del Cavaliere. Si capisce, anche, che potrà ambire al governo del paese solo se saprà portare a termine la riforma del sistema politico che aveva avviato con l'Ulivo del '96. Già è proprio così! D'altronde la "comunicazione" non è altro che lo "specchio dell'anima". E di anime il centro sinistra ne vuol mantenere troppe. Ciao Alcor, alla prossima!

Ciao Mizar…. Torno sulla mia galassia…. È meglio! Smile….

Ma la maggioranza esiste, anche senza la lega?
Montepino 12 ottobre 2003

Si, esiste anche senza la Lega. Fini lo va dicendo in tutte le salse, mi pare, e Follini mostra più prudenza solo perché vuol saggiare la consistenza di un eventuale polo 'metacentrista' in caso di caduta da cavallo del conducator che grida: al voto! al voto! La lungimiranza dell'Udc è più ammantata di terzopolismo, mentre quella di AN (modello Fini) non può che essere complementare a quella di un centrosinistra senza trattino. Nel bipolarismo, infatti, si viene premiati nella misura in cui si è capaci di raccogliere consenso agli estremi speculari ad altri estremi, dando compimento così alla democrazia dell'alternanza. L'Ulivo nasce sulle ceneri dei vecchi centrismi, cresce nella linfa progressista e muore agli eventuali 'fuochi' metacentristi. Fini e D'Alema lo sanno... e ambiziosamente si attrezzano nell'uno o nell'altro caso.


Se si svegliassero.....
Enrico 10 ottobre 2003

Il più notevole cambiamento politico che sia riuscito a registrare dacché sono nato, è la recente emersione di un diffuso sentimento bipolare.

Molti del popolo hanno capito che mille fazioni non giovano. D’altronde questa tendenza a concentrare ha estensione continentale e potrebbe, nel tempo, avere conseguenze planetarie.

E’ normale che il cambiamento disorienti e certamente chiede un atteggiamento di elasticità mentale per immaginare un futuro possibile, magari migliore.

La concentrazione presenta un problema di crescente complessità, è più semplice gestire un piccolo partito che non uno grande, ma al tempo stesso introduce una sfida affascinante: si può avvicinare la democrazia (il potere del popolo) al popolo?

Una moltitudine composta da singoli che abbiano coscienza del proprio ruolo politico è più responsabile, più attenta alle necessità di ciascuno.

In altre parole il problema centrale di una democrazia meno oligarchica è un modo nuovo di gestire informazione, comunicazione e processo decisionale: a questo sono chiamati i partiti del futuro.

Per questo credo che l’Ulivo sarebbe più ricco se acquisisse un patrimonio di dialettica e pluralismo tale da permettere la convivenza di fazioni oggi lontane tra loro.

Penso che la maggior difficoltà che incontreremo nasca dalla riluttanza della nostra attuale classe dirigente ad abdicare parte del proprio potere, cosa che comunque dovranno fare poiché la storia procede lenta ma implacabile… se si svegliassero ci farebbero perdere meno tempo.



Il declino al baratto istituzionale: il semestre italiano di blackout costituzionale.
Bruno 6 ottobre 2003

Le notizie sui tempi della Corte Costituzionale per esaminare il Lodo Ciampi/Berlusconi, sul funzionamento del Parlamento, della Commissione d´inchiesta Telekom Serbia e sul ruolo del Capo del Governo in qualità di responsabile dei Servizi Segreti di Stato e paralleli, sulla legge Gasparri, ecc, ecc, indicano la scarsa tenuta della legalità. Il Presidente Ciampi in tutto questo coacervo ha assunto un ruolo attivo e propositivo. Molto discutibile, una esercizio della sua funzione istituzionale border-line. Nella storia della nostra giovane e fragile Repubblica più volte la ragion di Stato ha piegato la legalità costituzionale annullando di fatto l´indipendenza e l´autonomia dei fondamentali poteri di garanzia saggiamente separati dall´architettura democratica disegnata nella Carta: il lungo periodo della guerra fredda e della conseguente cinquantennale "democrazia bloccata". Come una moneta scadente quel valore nominale di garanzia, dopo le tante svalutazioni, ha perso completamente qualsiasi funzione di mediazione e di scambio tra i soggetti istituzionali. Siamo regrediti al baratto istituzionale. La fatale coincidenza tra il semestre italiano di presidenza dell´Unione Europea, il varo della Costituzione Europea e l´anomala presenza di un capo di governo protagonista di una lunga gara tra guardie e ladri ha costretto il Presidente della Repubblica Ciampi a rinverdire e usare le capacità acquisite nella sua lunga esperienza di governatore della Banca d´Italia. Nella finanza, quando non si può usare la forza, il baratto è l´unico metodo di scambio, nel senso del fondo equivoco universale del termine. Almeno come ex Governatore, Ciampi dovrebbe valutare e rendere conto di quale eccessiva svalutazione ha sottoposto la nostra Carta Costituzionale!
Un baratto con la Carta Europea?


Dialoghi senza rete - Di Telekom-Serbia, di Berlusconi, di destra e di altro ancora....
Mizar-Alcor 4 ottobre 2003

Dimmi Mizar... questa storia di Telekom Serbia mi confonde non poco, e magari tu potrai aiutarmi a vederci un po' più chiaro. Non perchè io abbia dei dubbi sul fatto che si è trattata di una montatura per attaccare i politici dell'attuale opposizione e bruciare per sempre Prodi come capo dell'Ulivo (o quel che sarà). Non è questo il problema. I miei dubbi attengono ad altro.

1) Com' è che, avendo a disposizione tutto l'apparato dello Stato, compresi i Servizi segreti, nonchè una potenza di fuoco mediatica mai vista, questa storia è stata montata talmente male, che era evidente ai più credo, il suo uso strumentale a fini politici? E' credibile che tutto si riduca ad una manica di dilettanti allo sbaraglio, che nemmeno sanno montare una bugia ben confezionata e credibile?

2) Oppure c'è ben altro? C'è un attacco alle istituzioni democratiche di inaudita gravità, al limite del colpo di Stato? Al di sotto dell' apparenza, non si sta forse mettendo in atto, in forme che a noi sembrano inconcepibili (dalle sparate di Bossi alle leggi sulla magistratura, da un volgare revisionismo storico alla destrutturazione della scuola pubblica), una strisciante ristrutturazione dello Stato e dei suoi capisaldi, fino a mettere in discussione l'esistenza stessa di un regime democratico?


Alcor vorrei poterti dire che dietro "c'è ben altro", ma proprio non ci riesco. Per spiegarmi vorrei partire da una premessa. Ricordi che un po' di tempo fa abbiamo parlato di quanto, oggi, sia diffuso l'attaccamento alle libertà democratiche? Cioè di come oggi anche chi è di destra (e non parliamo della minoranza fanatica) non è disponibile a mettere in discussione le "libertà" che gli sono assicurate dal sistema democratico. Sessant'anni di democrazia e il benessere hanno modificato radicalmente tutti quanti: anche il modo di essere di destra. Non vale a smentire questa premessa nemmeno l'insistenza con cui il Cavaliere punta il dito sui "comunisti" (peraltro da lui sconfitti!) che tutto corrompono. L'elettorato di destra, al di là del piacere di questa sollecitazione, è ben consapevole che nessuno mette in discussione il "sistema". In buona sostanza non è in atto in Italia uno scontro (più o meno palese) per la conquista del potere e per il cambiamento del sistema economico e sociale. Lo so che tanti nostri "compagni" si scandalizzeranno a questa affermazione, ma se lasciamo da parte le facile battute, oggi nessuno (da destra) pensa ad una dittatura: sempre che si voglia dare a questo termine il vero significato. Ciò non vuol dire che i sistemi democratici siano esenti da problemi (a prescindere da Berlusconi), ci sono e vanno affrontati: e la sinistra lo fa poco! Ma a parte questo che è un problema che ci porterebbe lontano, rimane il fatto che oggi la destra cerca di "gestire" il potere in funzione di interessi ben precisi, ma avendo fatto proprio il bisogno di salvaguardia delle libertà individuali e collettive. Quindi?

Quindi propendi per la prima ipotesi - che tutto sia stato montato da incapaci apprendisti stregoni, cui la materia si è rivoltata contro. Allora, partiamo dall'ipotesi che tu abbia ragione, che non esista in Italia un serio pericolo per la democrazia e che quello che si gioca non è , per usare le tue parole, "uno scontro (più o meno palese) per la conquista del potere e per il cambiamento del sistema economico e sociale.". Di conseguenza non avrebbero senso gli allarmi di chi si mobilita per difendere, ad esempio, l'indipendenza della magistratura; o di chi teme uno stravolgimento della Costituzione con le proposte di riforme istituzionali del Polo. Ho l'impressione, permettimi Mizar, che tu intenda "democrazia" in un'eccezione puramente formale e non il sostanziale sistema di pesi e contrappesi che sono a monte, e permettono il dispiegarsi, delle libertà. Non è una questione da poco; se il quadro è quello che disegni tu, l'opposizione fa bene a limitarsi a battaglie parlamentari, nonchè, a seconda dei casi, a seguire logiche bipartisan; ma se la situazione è più grave, ha ragione chi chiama i cittadini in piazza a manifestare.

Attenta Alcor, io ho detto che è diffusa l'idea che le libertà individuali sono intangibili. Scusa se sottolineo ancora questo concetto, ma crediamo veramente che l'elettorato di destra sia disposto a mettere in discussione la libertà di movimento, di scelta rispetto al proprio percorso di vita o, ancora, di libero mercato? Io osservo che la destra nelle democrazie avanzate ha cambiato i propri obiettivi e dove è al governo non mi sembra che ci siano pericoli imminenti di dittature. Certo in Italia abbiamo Berlusconi. E' questo fa del nostro paese un caso speciale. Ma proprio perché è un caso speciale, con caratteristiche inedite per la storia del paese e delle istituzioni democratiche, possiamo leggerlo con le lenti classiche della fenomenologia di destra? Io credo di no! Credo che il fenomeno vada letto avendo più che mai presente le profonde novità introdotte dalla globalizzazione nelle nostre società (valga per tutto il tema dell'informazione e dei media che esiste in tutti i paesi). A ciò si aggiunga che la discussione viene viziata dall'uso improprio del le parole, mi spiego. Se si usano parole come "regime" , "dittatura", "golpe istituzionale", per indicare certi atti e poi la vita concreta delle persone continua indifferente come prima, senza alcuna limitazione della propria libertà si commette un errore grave in termini di strategia politica. Conosciamo molto bene il significato "sostanziale" di quei termini per usarli in modo gridato. Delle due l'una: o quelle parole sono concretamente vere e allora bisogna "prendere le armi" per difendere la democrazia, o sono un modo sbagliato per indicare un problema vero che però ha altri nomi. Allora cara Alcor se è vero, com'è vero, che il fenomeno Berlusconi sta ponendo al paese problemi seri (quelli che tu hai citato più altri ancora), credo che il modo di come una parte dell'opposizione conduce la battaglia politica non sia utile alla formazione di un ampio consenso: maggioritario nel paese e non solo nelle piazze. Ma tutto questo che c'entra con la questione Telekom Serbia?

Forse non c'entra, ma non ti sembra che il caso sia, per dir così, emblematico? C'è stato il palese tentativo di criminalizzare l'opposizione, costruendo testimonianze e prove che non hanno retto; non vuol significare questo, che la maggioranza è disposta ad andare ben al di là di una corretta dialettica politica fra maggioranza ed opposizione? E, per perseguire questo scopo, ad usare tutti i mezzi leciti e meno leciti? Del resto, a tuo favore devo dire che, se il tentativo c'è stato, non è andato a buon fine.... Forse proprio perchè quella democrazia "interiorizzata" dal paese, regge nonostante tutto. Ma quanto potrà reggere ancora, se la situazione diventa ogni giorno più difficile (guarda ad esempio le ultime leggi sulla Magistratura: per quando ancora potremo dire che la Magistratura è un potere indipendente)? E ancora: parli dell'errore di una "certa parte dell'opposizione" nel condurre la battaglia politica. Credo tu ti riferisca alla sinistra "alternativa". E fin qui potrei anche essere d'accordo. Ma l'opposizione, tutta l'opposizione, cosa dovrebbe fare per costruire consenso? Rinunciare a protestare nelle piazze? Questa domanda è rimasta inevasa, Mizar....

Siamo d'accordo Alcor! Siamo d'accordo che il caso Telekom è emblematico di come questo centro destra intenda il confronto politico. E' bene dirlo ed un bene combatterlo. C'è, sicuramente, in questa pseudocultura una volontà punitiva verso l'avversario politico e verso tutto ciò che non si "adegua" al volere di questo "padrone". La Commissione Telekom-Serbia sta dentro a questa logica, attraverso essa si vuole colpire l'opposizione e gli uomini che guideranno lo schieramento di centro sinistra nelle competizioni elettorali. Tutto ciò è evidente, ma detto questo rimane il fatto che questo centro destra che, come ho detto, è fondato sulla novità rappresentata dal Cavaliere, mantiene molti dei difetti storici della destra italiana. Che sono quelli di un ceto politico "caciarone", "incompetente", "furbastro" che ha sempre rifiutato di misurarsi con le culture della destra europea che, non dimentichiamolo, è stata antifascista. Allora si spiega anche questo modo di raffazzonare una pseudostoria di malaffare politico servendosi di personaggi come Marini. E' stato detto più e più volte che ciò di cui è portatore Berlusconi rappresenta un pericolo: non c'è bisogno di ricordarne i mille esempi. Viceversa è giusto,come tu dici, avere la massima attenzione ai fenomeni degenerativi della democrazia; ma detto questo, e per tornare al ragionamento che ho tentato di sviluppare in questo nostro confronto, credo che più il Cavaliere insiste nel fornirci elementi di critica e compie atti che incrinano il suo rapporto con gli italiani, più sia sbagliato mettere sul tavolo politico solo la "protesta", l'"indignazione", il "resistere resistere resistere". Credo questo, perché il paese è cambiato, non ci sono più le ideologie, e i cittadini italiani hanno capito, molto più del ceto politico, il funzionamento di un sistema bipolare. Nel paese c'è, infatti, una richiesta di rappresentanza politica basata su un progetto di governo del paese. Non si vota uno schieramento piuttosto che un altro sulla base degli annunciati e mai realizzati "golpe". Quello che i responsabili del centro sinistra sembrano non aver capito è che Berlusconi lo si sconfigge solo sulla base di un "progetto di governo del paese" (scusa se lo ricordo, ma per progetto intendo: un programma semplice, che affronti le grandi questioni che attengono la vita delle persone; un candidato premier e una squadra di governo autorevole; un coalizione coesa sugli obiettivi che vuole perseguire) e non certo di spallate o, peggio, pensando di risolvere i problemi interni del centro sinistra utilizzando il collante dell'antiberlusconismo: gli elettori hanno orecchie fini e punirebbero una siffatta compagnia!

Temo proprio che tu abbia ragione nel sostenere che più che le spallate occorre un progetto. Purtroppo oggi, per quel che si può vedere e capire, non c'è nel panorama politico niente che rassicuri in questo senso. Ma staremo a vedere, con la solita attenzione, cosa succederà nei prossimi mesi. Grazie per avermi offerto questa occasione per scambiare qualche idea, Mizar. E.... buona serata.

Grazie a te Alcor e buona serata............a proposito..... ci vediamo in piazza per la manifestazione contro la Gasparri?